martedì 21 gennaio 2014

Jacques Laudy, uno “scozzese” alla corte di re Hergé


Fra i tanti artisti che brillano nel pantheon della Bedé belga, molti furono in realtà pittori o grafici pubblicitari prestati, con successo, al fumetto. Uno di essi fu Jacques Laudy, nato a Schaerbeeck nel 1907 (stesso anno di Hergé) e figlio di un ritrattista di origine olandese. 
Pittore classico allievo del simbolista Costant Montald, Laudy dipinse quadri con una finezza, che testimoniava il suo talento, soprattutto per i ritratti. Purtroppo, la Pop Art e l’Iperrealismo imperanti nell’ultimo periodo della sua vita, non gli permisero come pittore quel riconoscimento che meritava, fatto questo che lo amareggiò. Medesima cosa successe nel campo del fumetto, da lui considerato un ripiego, un semplice interludio nella sua vita.



Agli inizi degli anni 20, mentre frequentava l’Accademia di Belle Arti, conobbe Jacques Van Melkebeke, che, a sua volta, lo presentò a Edgar Pierre Jacobs. I tre formarono un trio di amici inseparabili e una traccia indelebile della loro amicizia è rimasta nei numerosi ritratti che si sono fatti l’un l’altro: l’esempio più eclatante è senza dubbio quello di Jacobs che prese Laudy a modello sia per Ron Calder, protagonista di Rayon U, che per il capitano Francis Blake, mentre utilizzò Van Melkebeke per il prof. Philip Mortimer.



Nel dicembre 1940, Jean Dratz, direttore artistico del settimanale Bravo!, chiese a Laudy di entrare a far parte della redazione come illustratore. Laudy realizzò una superba copertina a colori per il primo numero e  successivamente alcune illustrazioni per racconti scritti.






L’anno successivo presentò l’amico Jacobs a Dratz. Se da un lato a Laudy si deve l’ingresso dell’amico Jacobs nel mondo della Bedé, dall’altro Jacobs incoraggiò Laudy a disegnare sul periodico i suoi primi fumetti:

- Les aventures de Bilelabom et sa sœur Chibiche (1944-‘46) 
- Gust le flibustier (1946-‘48).



Con Bielabom Laudy affrontò il primo dei grandi temi della sua produzione, il fiabesco. Il secondo tema nell’episodio seguente fu il viaggio fino in Medio-Oriente. In Gust invece c’era l’altro grande tema prediletto, l’amore per la Scozia, che lo spinse a imparare a suonare la cornamusa e a girare per Bruxelles indossando il kilt!

Con Dratz e Jacobs collaborò anche al periodico fiammingo ABC e poi a Le petit Monde e Petits Belges-Zonnenland. Per Ons Volkske-Junior disegnò delle storielle comiche in silhouette. Utilizzò ampiamente le silhouette anche in molte vignette delle storie di Hassan et Kaddour. 



Nel 1946 Laudy fu chiamato dall’editore Raymond Leblanc a far parte dell’equipe di un nuovo settimanale, Tintin, insieme a Hergé, Jacobs e Paul Cuvelier, con caporedattore Van Melkebeke.

«Laudy è un tipo straordinario, ma - ricordava Hergé  - è l’uomo del Medioevo: quando viene a trovarmi, rifiuta di prendere l’ascensore…Non ha mai potuto o voluto adattarsi realmente alla tecnica del fumetto. Eppure, che talento, che poesia in ciò che faceva! Ma egli si considera soprattutto un pittore e un illustratore. Questo è il caso di Laudy [..] Noi, Jacobs e io, abbiamo per lui la più grande ammirazione. E siamo andati a trovarlo per chiedergli di lavorare con noi per Tintin. Allora ci ha detto una cosa incredibile: Il fumetto non mi interessa. Voi capite, quando non sapete più che fare mettete un testo per nascondere il disegno. È  un riempitivo!»
[Jean-Louis Lechat, Le Lombard 1946-1996 Un demi siecle d’aventure Tomo 1, 1946-1969]. 

Laudy disegnò fin dal primo numero di Tintin una storia medioevale su una leggenda delle Ardenne imperniata sul Cavallo Bayard e sui 4 figli di Aimone:

- La Légende des Quatre fils de Aymon (1946-‘47).


Disegno per copertina di Tintin




In questa storia, molto bella, ma di un realismo sanguinario che ricordava le Chansons de geste cavalleresche, si rivelava tutta la sua passione per il Medioevo e per le armi bianche, di cui possedeva una collezione di 6.000 pezzi circa. Purtroppo la riproduzione dei colori su Tintin non rese giustizia al cromatismo originale di Laudy, soprattutto per il rosso: il risultato non convinse l’editore Leblanc.

Sempre per Tintin, Laudy disegnò anche due racconti storici in cui l’insolito uso di acquerelli si mescolava alla sua passione per la Scozia:





- Rob Roy, dal romanzo di Walter Scott (1947-‘48) 
- David Balfour, dal romanzo di Robert L. Stevenson, su adattamento del quattordicenne Yves Duval (1952-‘53).




Poi diede vita a una coppia di inseparabili amici, Hassan et Kaddour, che sembravano una versione mediorientale di Zig et Puce di Allain Saint-Ogan o, forse più esattamente, di Don Chisciotte e Sancio Panza. Nelle loro storie, ideate con la complicità dell’amico Van Melkebeke, regnavano il fantastico e il meraviglioso, pur in un contesto storico preciso come nel caso della campagna napoleonica in Egitto. Di Hassan et Kaddour uscirono 6 episodi, più uno rimasto incompiuto per la sua scomparsa.

1. Le voleur de Bagdad (1948-‘49) - Volume Ed. Bédéscope (1979)  
2. Le Miroir Enchanté (1949-‘50) - Volume Ed. Bédéscope (1983)



3. Le Mamelouks de Bonaparte (1950-‘52) - Volume Ed. RTP (1975)



4. Les Emeraudes du Conquistador (1951-‘52) - Volume Ed. Bédéscope (1978)
5. Le Voeu Magique (1960-‘61) - Volume Ed. Bédéscope (1980)  
6La Mission du Major Redstone (1962) - Volume Ed. Bédéscope (1979) - Ed. Magic Strip (1986)


da "Le voleur de Bagdad"
Alcune tavole da "Le Mamelouks de Bonaparte"







Lo stile grafico di Laudy era più quello di un illustratore di storie fiabesche, da Mille e una notte, che non di un disegnatore di fumetti, infatti preferiva l’uso dei colori acquerellati a quello dei contorni neri e netti, cari alla Scuola di Bruxelles. Le storie piacquero ai lettori, meno alla direzione del settimanale.

Disegno per copertina di Tintin

Nessuna meraviglia che le relazioni con Hergé si deteriorassero, trovandosi su posizioni differenti sulla gestione di un giornale a fumetti. Non interessandogli minimamente rispettare i tempi di consegna dei lavori o che la lettura in un fumetto dovesse avvenire in senso obbligato entrò fatalmente in rotta di collisione con Hergé, il quale gli rimproverava, inoltre, l’utilizzo della magia nei suoi fumetti, contrariamente all’impostazione realistica che il creatore di Tintin aveva dato al periodico. Laudy proseguì la sua collaborazione con qualche opera per poi abbandonare definitivamente il settimanale nel 1962 e dedicarsi alla pittura.

La sua mania per il racconto storico lo portava a curare più la scenografia, l’atmosfera che non il racconto in se e per sé. Però i suoi racconti, pieni di ironia, candore e calore umano riflettevano la sua bontà d’animo. 

Nel 1993 scomparve lasciando un’autobiografia, le Royaume d’Edgar J., in cui mescolando reale e immaginario faceva intervenire i personaggi dei fumetti e i suoi due cari amici, van Melkebeke e Jacobs. In alcuni delicati disegni, ivi contenuti, ha ritratto se stesso e suoi due amici agli inizi della loro duratura amicizia quando erravano per le strade di Bruxelles.







Un segno dell’ostracismo di cui fu oggetto l’autore nel campo fumettistico fu la mancata riedizione in albi delle sue opere, di cui invece usufruirono quelle degli altri autori di Tintin. Solo dopo trent’anni dalla pubblicazione su Tintin alcune piccole case editrici ebbero il coraggio di editare in albi quelle storie. 

La sua produzione fumettistica, inedita in Italia, non è vasta ma gli spetta di diritto un posto di rilievo nella storia della Bedé belga sia per l’amicizia con Jacobs e van Melkebeke, sia per aver contribuito alla fama dei settimanali Bravo! e, soprattutto, Tintin, del quale, giova ricordarlo, fu uno dei quattro artisti fondatori.

1 commento:

danyellow ha detto...

Questo blog è fenomenale :-)
uno speciale ANAFI dedicato alla bédé "minore" non sarebbe una cattiva idea :-)